lunedì 17 marzo 2014

Girolamo Vetrani - Mandrione

Esiste a Roma una zona dove passato e presente, antico e moderno si rincorrono continuamente dando vita ad una scenografia pressoché unica al mondo. E’ il Mandrione, un’area urbana attraversata dall’omonima via, lunga 4 km, che collega la medievale Tor Fiscale, scavalcando la Tuscolana con Porta Furba e si congiunge con la via Casilina vecchia, sbucando a piazza Lodi, in zona S. Giovanni.

Delimitano questa striscia di territorio, l’acquedotto Felice, che lo costeggia per tutto il percorso e la ferrovia Roma-Napoli. Grazie a queste due linee di confine, fatte di tufo e ferro, il paesaggio urbano ha mantenuto caratteristiche quasi uniche a Roma e si è salvato dalla cementificazione selvaggia. L’Acquedotto Felice in realtà fu voluto da papa Sisto V (Felice Peretti) riutilizzando parti di altri acquedotti romani. Già la struttura architettonica ci consente di fare alcune osservazioni: identifica l’antica Roma nell’immaginario, è il primo elemento dell’Urbe che si può avvistare quando si arriva a Termini provenendo dal sud Italia (ho sempre amato questo acquedotto e venendo col treno da Napoli, lo considero un po’ come il benvenuto a Roma). Non solo, è costituito dall’arco, elemento centrale dell’architettura romana che ha consentito agli ingegneri Romani di innalzare edifici molto alti con archi sovrapposti come nel Colosseo. Insomma, l’arco romano è come un archetipo e non a caso è ripetuto nelle facciate laterali della stazione Termini.

Geometrie
Ci sono un infinità di suggestioni per quanto riguarda la fotografia.
La linea curva, l’arco, si oppone all’altro protagonista del paesaggio, la ferrovia sostanzialmente rettilinea. Inoltre nella parte finale del percorso, forse quella più interessante, l’acquedotto scavalca la ferrovia più volte e con un sottopasso è attraversata da un'altra ferrovia. 

Immaginazione
La zona del Mandrione, può far lontanamente immaginare la bellezza e l’estensione della Campagna romana, che fino a inizio 900 circondava Roma, racchiusa realmente dalle Mura Aureliane (il posto si chiama così perché i pastori portavano le mandrie a pascolare).
E’ un paesaggio mitico, illustrato da centinaia di pittori che fino all’ 800 giungevano per il Grand Tour in Italia.

Piranesi
Altro spazio degno di nota per il reportage, è la sezione contenuta poco dopo Porta Furba e poco prima della semi abbandonata stazione FS di Roma Casilina. La strada stretta costeggia le rovine monumentali dell’acquedotto, tempestate di erbacce. 
In questo punto la ferrovia non è visibile e, per un tratto, sembra di essere caduti magicamente indietro di 2000 anni. E forse il tratto più emozionante, poiché ricorda le incisioni del 700 di Giovan Battista Piranesi, che rievocavano la Roma antica con immagini di rara bellezza e romanticismo. 

Ma l’uomo dove è in tutto questo?
L’elemento umano c’è ed anzi è stato determinante per la formazione dell’identità del luogo.
Qui, furono sistemati e lasciati al loro destino gli sfollati dei bombardamento di San Lorenzo del 1943
Con l'aiuto di travi e lamiere gli archi dell'acquedotto vennero convertiti in veri e propri spazi abitativi, dando vita ad una piccola comunità con orticelli, bande di monelli scalzi e prostitute e successivamente Rom. La convivenza insolita di questa borgata, affascinò intellettuali come Pasolini, fotografi, si ricorda il bellissimo reportage di Franco Pinna e antropologi come Franco Cagnetta.
Il Mandrione rimase fortemente degradato fino alla seconda metà degli anni '70, quando il lavoro svolto da Angelina Linda Zammataro, riuscì a dare una svolta risolutiva, tanto che, negli anni successivi, la borgata è diventata una zona residenziale dalla viva attività artigianale, dove, affiancati all'acquedotto, si alternano esercizi commerciali, anche di una certa eleganza, palazzine, officine, botteghe di artigiani. 
Non solo, probabilmente rimane a tutto oggi uno dei rari esempi di riqualificazione riuscita di una zona periferica di Roma.

Perché questo reportage?
Per cercare di fotografare un'altra Roma, tra altro poco conosciuta.
Per ritrovare, tramite alcuni dettagli che ancora rimangono come le piastrelle o le lamiere delle baracche incastonate nell’acquedotto, le tracce di un passato recente che volentieri si dimentica (quello delle borgate). Infine, condurre un eventuale spettatore dentro un’atmosfera unica, che solo una città come Roma, tra bellezza e degrado, può dare.